I ghiacciai - Val d'Arigna

Val d'Arigna
...tradizione, storia e magia di uno splendido territorio selvaggio
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I ghiacciai

Risorse e Tradizioni

La Val d'Arigna è la valle  con più ghiacciai del settore orobico. Vi sono molti ghiacciai, alcuni di importanti dimensioni, altri di ben più modeste che, verosimilmente causa condizioni climatiche non al momento favorevoli (scarse precipitazioni invernali, temperature alte, ecc..), si stanno purtroppo ritirando a vista d'occhio. In Val d'Arigna esistono tutt'oggi almeno 8 ghiacciai che sono il Druet, Fascere, Val Sena, Lupo, Dente di Coca, Pioda inferiore e superiore, Pizzo di Scotes e non ultimo il Marovin. Sono tutti alimentati da valanghe tranne il ghiacciaio del Lupo, il maggiore dei ghiacciai orobici, che ha alimentazione prevalentemente diretta. Da qui si spiega in parte anche la differenza tra questo ghiacciaio, che presenta la fronte molto crepacciata (evidentissima nell'estate inoltrata dal Rif. Corti), in confronto agli altri, che si presentano con superficie piuttosto piatta e dei quali, ultimamente, si stenta a riconoscerne la sagoma. Merita una citazione anche il Marovin, che si inerpica sulle pendici del Pizzo di Coca (3052 m); è il ghiacciaio lombardo con la fronte posta alla quota più bassa, fatto dovuto alla posizione (nord), e alla buona alimentazione valanghiva durante l'inverno che gli permettono di estendere la sua fronte, parzialmente ricoperta da detriti morenici, fino ai 2000 m del vallone dello Scimur. Nonostante negli anni Ottanta si registrava una fase di espansione, anche il Ghiacciaio dei Marovin (dei rododendri) si è molto ridotto da quando, all'inizio del secolo Alfredo Corti, scienziato e professore italiano, nonché straordinario alpinista agli inizi del 1900 al quale è dedicato un bivacco in prossimità del Ghiacciaio del Lupo, lo descriveva per la prima volta. Infatti, durante una sua scalata nel bel mezzo di una bufera sulla nord del Pizzo di Coca (vedi link), Corti e il suo compagno di cordata nonché carissimo amico prof. Guido Vernoni rotolarono insieme lungo la parete. Dopo quella rovinosa e interminabile scivolata, si risvegliarono entrambi dentro la grossa crepaccia terminale del ghiacciaio dei Marovin.Vernoni aveva un femore rotto, mentre il Corti aveva lo sterno e un polso fratturati ma riuscì a raggiungere, in qualche modo, le baite Michelini. La difficoltà più ardua fu quella di riuscire a convincere i pastori a recarsi su quel ghiacciaio, da loro temuto come luogo di convegno di demoni e streghe. Tutto si risolse in fine positivamente e i due furono trasportati su una scala a pioli all'ospedale di Sondrio.
Sebbene Corti fu il primo a farne un'accurata descrizione, il primo a studiarne le caratteristiche fu il valtellinese Antonio Cederna, uomo politico ed imprenditore nonché esploratore alpino del '800. In molti sostengono che fu lui, accompagnato dalle guide alpine Antonio Baroni e Andrea Valesini, il giorno 11 settembre 1889, a risalire la tormentata superficie del ghiacciaio e a compiere la prima ascensione al Pizzo Coca dal versante Nord.

Ecco un link ad un interessante video realizzato da un equipe del Servizio Glaciologico Lombardo durante un escursione glaciologica. Clicca qui per visualizzare il filmato.

Articolo presente nel libro "Alpi Orobie Valtellinesi - montagne da conoscere"

NOTE BIBLIOGRAFICHE
“Ghiacciai in Lombardia” - Servizio Glaciologico Lombardo, Club Alpino Italiano, Edizioni Bolis, p.328-333
“Una montagna di fotografie - Valtellina 1902-1947”, Antonio Boscacci, Archivio Alfredo Corti.


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