Bruno Galli-Valerio - Val d'Arigna

Val d'Arigna
...tradizione, storia e magia di uno splendido territorio selvaggio
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Bruno Galli-Valerio

Storia e cultura > Personaggi

LE PUNTE DI COCA (3052 m – 3054 m)
(Ascensione del 2 agosto 1894 per la facciata nord-ovest)


Nell'aria tranquilla della sera, risuonava ancora l’eco dell'Ave Maria recitata ad alta voce da tutti i pastori là sotto quelbel cielo stellato, quando io mi cacciai nel buco che m’era statoassegnato sotto quel gran masso rotolato dall'alto e trasformatoin una specie d'alveare umano.
Davvero che io non mi sarei mai immaginato di trovarmi così bene accomodato dopo 10 ore di marcia da Sondrio al fondodella Valle di Arigna, passando per Agneda, ascendendo il pizzo (2.798 m.) e varcando la bocchetta omonima.
Tutti i buchi sotto quell'immenso scaglione erano abitati. Presso il mio ricovero, la mia guida Bonomi si agitava su di un mucchio di fieno selvatico sognando i camosci incontrati durante il giorno.Un cane, evidentemente cacciato da tutte le parti, venne a rifugiarsi sotto la mia mantellina ed io conoscendo i doveri dell'ospitalità lo lasciai tranquillo presso di me. Un brivido che mi corse per l’'ossa, mi annunciò l'avvicinarsi dell'alba, e infatti una luce pallidissima filtrava attraverso le fascine che chiudevano la mia tana. Lasciai il cane continuare i suoi dolci sonni e uscii. In fondo alla valle, le punte del Druet e del Coca si rizzavano maestose, quasi sfidanti a salirle. Un leggiero pennacchio di nebbia ondeggiava intorno alla vetta del Coca, triste avanguardia di nebbie maggiori. Accompagnato dal Bonomi, passando attraverso una serie interminabile di valloncelli, mi portai sulla vedretta delle Fascere e cominciai a risalirla dirigendomi a uno sperone di rocce che scende dal Coca e che si incunea nel ghiacciaio.
Là giunti, passata su di un ponte di neve una larga crepaccia dietro la quale si eleva una parete di ghiaccio attaccammo la roccia. La roccia franava ad ogni muover di piede e rendeva lamarcia faticosissima. Dopo un po' di tempo, c'incontrammo in un nuovo sperone di rocce, e allora ridiscendemmo sul canalone di ghiaccio che scende dalla vetta del Coca. La neve che lo copriva rese la nostra marcia abbastanza facile sino a nuove rocce che imprendemmo di nuovo a scalare. E' là che cominciarono 1e aspre fatiche della salita sopra piodesse lisce e bagnate, coll'acqua che ci sgocciolava addosso dalle rocce soprastanti e il canalone di ghiaccio che saliva alla nostra destra qualche centinaio di metri sotto di noi.
Giunti sotto la crestina di ghiaccio che separa il canalone del Coca dal versante di Val Morta, attaccammo di nuovo il ghiacciaio. Dopo una salita faticosa, toccammo la crestina di ghiaccio coperta da neve indurita e da quella passammo a un canaletto di neve indurita che scende dal vertice del Coca e che ci permise di raggiungere la meta cinque ore e mezza dopo la nostra partenza dalla pioda.
Nell'ometto trovammo i biglietti del Cederna, il solo che sia salito prima di noi dal versante nord tenendo però quasi sempre il ghiacciaio, colle guide Baroni e Vallesini; e dall'ing. Bonaccossa salitovi dal versante sud.
Se la vista sulle Alpi ci si presentava splendida, quella verso le Valli Bergamasche era velata da un fitto velo di nebbie che solo di tratto in tratto ci lasciavano scorgere qualche lembo del paesaggio. A un centinaio di metri verso il sud, dalla massa imponente del Coca, si elevava un'altra punta un po' più alta di quella su cui ci trovavamo, e sormontata pure dall'ometto. Scalando alcune rocce, la raggiungemmo in un quarto d'ora. E' là che trovammo numerosi biglietti di tutti coloro che salirono il Coca dal versante bergamasco.
Io credo, contrariamente al Cederna, che quella debba, colla maggioranza, venir considerata come una delle punte del Coca. Il distinto alpinista Freshfield, da me interpellato in proposito sul Redorta, si espresse nello stesso senso.
Volendo si potrà distinguere una punta di Val d'Arigna, e una punta di Val Morta, ma non fare di quest'ultima un pizzo affatto distinto.
Un fascio di luce che fece brillare 1à in basso il lago di Coca, ci invogliò a scendere per quel versante tantopiù che lenebbie fittissime ci impedivano di cercare una via verso il passo del Diavolo, come ci eravamo dapprima proposti. La discesa sul lago del Coca, fu facilissima, sempre lungo gande monotone e interminabili. Di là risalimmo al passo di Coca (2675 m.) e girando in alto la stupenda vedretta del Lupo cui fanno corona le creste del Porola, operammo il ritorno lungo la Valle di Arigna.

Bruno Galli-Valerio fu un personaggio molto interessante ma purtroppo poco conosciuto: sui giornali della fine dell’ottocento e dei primi anni del novecento si trovano molte relazioni delle sue salite (fatte spesso in compagnia della guida Giovanni Bonomi di Agneda) che egli poi raccolse in un libro edito nel 1912 in francese col titolo di Cols et Sommets.


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ARTICOLO E FOTO TRATTI DA “MONTAGNE DI VALTELLINA E VALCHIAVENNA”



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